La volta di Sant'Ignazio a Roma

UN TEATRO DI STUPORE e di MISERICORDIA

L’ADORAZIONE DEI MAGI Cavallini

Il mondo come un teatro, sul cui palcoscenico gioca il suo ruolo la volontà salvifica di Dio che, nello stesso tempo, è autore del copione ed un capocomico dotato di grande abilità nello scegliere i suoi primi attori, tra i quali spicca il Santo che occupa il centro dello spazio scenico.

volta di Sant'Ignazio a Roma

È proprio la metafora teatrale la chiave di lettura attraverso la quale comprendere e apprezzare il grandioso affresco illusionistico, realizzato da Andrea Pozzo, sulla volta della Chiesa di Sant’Ignazio in Roma, tra il 1691 e il 1694.

I confini della navata centrale eccedono lo spazio, attraverso la prosecuzione pittorica degli elementi architettonici: oltre il cornicione architravato è preparato l’attacco per un secondo ordine di paraste che affianca le lunette con i finestroni. Esse sono sovrastate da una trabeazione che però è dipinta, illusoria.

Si apre così lo spazio per un secondo ordine di campate, delimitate da colonne binate sopra le quali dovrebbe essere imposta la volta che, tuttavia, … non c’è.

È proprio mentre cerca il coronamento delle campate che l’osservatore diligente si accorge che la navata non è sovrastata da una volta architettonica, ma si apre verso il cielo, anzi verso la gloria celeste.

Proprio in questo momento lo spettatore fa il suo ingresso a teatro.

Il sipario si apre grazie al movimento di particolari "quinte", spalancate dalle figure in primo piano, che si impongono alla vista, si muovono su linee che si incrociano e si sovrappongono perché collocate su piani prospettici diversi per determinare una maggiore o minore vicinanza con ciò che appare al centro della composizione.

È impossibile fermare lo sguardo sulle figure "periferiche", poiché l’attenzione è subito catturata dal fondale: un cielo colmo di nuvole che, da cupe, si fanno via via più chiare, preannuncio di una manifestazione divina.

Una sorta di cono di luce funge da occhio di bue per presentare il protagonista che occupa il centro degli spazi infiniti del cielo e dell’altrettanto infinita misericordia di Dio che vuole salvare ogni uomo, a qualunque popolo e cultura appartenga.

volta di Sant'Ignazio a Roma

Cristo appare accompagnato dalla croce, la strada prescelta dal Padre per mostrare agli uomini fino a che punto egli li ami. Un raggio luminoso parte dal petto del Salvatore, verso la persona che ha scelto perché “stia dalla sua parte” e svolga il ruolo di aiutante nell’azione scenica di quella commedia che ha come trama un annuncio di salvezza.

Ignazio di Loyola

È Ignazio di Loyola, il cavaliere spagnolo che, costretto alla quiescenza dopo le ferite riportate nell’assedio di Pamplona, si accorge che le sue energie sono richieste da ben altra milizia, quella dei soldati di Cristo. La Compagnia di Gesù, a cui Ignazio insieme a pochi compagni dà inizio nel 1537 e che è approvata definitivamente nel 1541, assume, fin dagli inizi, un carattere missionario. Siamo nei decenni immediatamente successivi alla scoperta del Nuovo Mondo e, nello stesso 1541, partono i primi missionari gesuiti verso i domini portoghesi in India e poi verso il Giappone, la Cina, il Brasile, il Paraguay.

È come se il desiderio evangelizzatore di Ignazio si dilati per giungere nei quattro continenti allora conosciuti.

È l’affresco stesso a dircelo: dal cuore di Ignazio, colpito dal raggio dell’amore di Cristo, si dipartono quattro raggi che si dirigono verso le rappresentazioni allegoriche dei continenti, poste ai lati della volta: due agli estremi del lato destro e altrettanti lungo il lato sinistro.

volta di Sant'Ignazio a Roma

La prima rappresentazione allegorica di un continente, a sinistra della volta, verso l'ingresso della Chiesa, è quella dell'Africa. È una donna di grande bellezza, nera di carnagione e riccamente abbigliata con un'ampia veste panneggiata, di colori diversi: dal rosa, all’azzurro, al bianco. Sul capo porta una fascia al centro della quale, in corrispondenza della fronte, si trova un diamante lucentissimo, in riferimento alle pietre preziose che, dalle miniere africane, giungevano in Europa, insieme all'avorio, ancora più prezioso dell'oro, di cui la donna mostra una zanna.

Ella siede su un coccodrillo, di cui trattiene la zampa posteriore con la mano sinistra. L’animale è pronto ad azzannare l'uomo rappresentato sulla sinistra, che cerca di trattenere l'animale, afferrandone una delle zampe anteriori.

Nell'iconografia cristiana il coccodrillo - che è assimilabile ad un drago - rappresenta la forza del male, sempre in agguato per corrompere l'uomo ed indurlo a deviare dalla strada che conduce alla salvezza.

L'uomo – i cui piedi non sono avvolti dalle catene - volge lo sguardo in alto; cerca con forza di opporsi al male e, in questo modo, si predispone a ricevere l'annuncio missionario.

Egli rappresenta il desiderio dell'uomo di conoscere Dio, di amarlo e di lasciarsi amare. È la dichiarazione dell'ottimismo antropologico professato dalla dottrina cattolica che, a differenza della teologia protestante, afferma che l'uomo è indebolito, non corrotto, dal peccato originale. L'uomo, per sua natura, è aperto a Dio e al suo amore; è affascinato dal bene e, con l'aiuto della grazia divina, è capace di compierlo.

Non a caso la donna è rivolta verso di lui e, significativamente, volge le spalle all'altro uomo, quello di destra. Egli è sovrastato da un angelo che lo scaccia puntandogli contro una fiaccola indirizzata proprio verso il suo volto. Egli cerca di difendersi e, nello stesso tempo, precipita in basso. Curiosamente l'uomo ha la pelle più chiara rispetto al suo simile di sinistra. Si potrebbe trattare di un musulmano oppure di un nordafricano, in riferimento agli eretici dei primi secoli, quasi tutti originari del Nordafrica, dal libico Ario, negatore della divinità di Cristo, al siro Nestorio, che aveva separato la natura divina e la natura umana di Gesù, all'egiziano Basilide che riteneva che la natura umana di Cristo fosse solo apparente.

La fiaccola, quindi, rappresenta la vera fede, quella predicata dagli Apostoli, quella che sconfigge l'eresia.

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Di fronte all'Africa si trova la rappresentazione allegorica del Continente Americano: è una donna seminuda che indossa un vistoso copricapo composto da piume azzurre e rosse, gli stessi colori che ritroviamo, rispettivamente, nella corta gonna, nei calzari e nella fascia che copre solo parzialmente i seni. Ella siede su un puma, animale presente nel continente americano, da nord a sud.

Con sguardo deciso e gesto coraggioso, la donna afferra la lancia che ha appena estratto dalla faretra alla sua sinistra e con la quale ha trafitto l'uomo che, in basso a sinistra, sta precipitando rovinosamente, avendo perso la posizione eretta.

La donna si accinge a colpire la persona che sta a destra, un idolatra dalla pelle rossa che, in ginocchio e con le braccia allargate, sembra volersi arrendere.

A questo punto è interessante notare ciò che è rappresentato nello spazio tra i due continenti, sul lato corto della volta, all'inizio della navata.

Adiacenti all'allegoria dell'America, quattro uomini, raffigurati con la pelle rossa, sono serenamente seduti su un'ampia nube: tre di loro volgono lo sguardo in alto, dichiarandosi così pienamente consapevoli di essere figli di Dio, dal momento che hanno accolto l'annuncio missionario e hanno ricevuto il Battesimo. Un quarto uomo, invece, si volta verso i suoi conterranei idolatri, minacciati dalla lancia con cui la donna dal capo piumato li sta colpendo.

Sul lato opposto, in uno spazio prospiciente all'Africa, due uomini e una donna di colore stanno ascendendo, accompagnati da angeli dal volto sereno e rasserenante.

volta di Sant'Ignazio a Roma

Spostando lo sguardo sulla parte anteriore dell'affresco, verso il presbiterio, si incontra la raffigurazione dell'Asia: una donna vestita con un morbido abito azzurro e un ricco copricapo, in riferimento alle sete pregiate che, dall'India, giungevano in Europa. Davanti a lei si trova un cammello che ella non sta cavalcando, ma che ha le gobbe parzialmente rivestite da un mantello di finissima e lucente seta rossa, la stessa che ritroviamo dietro la figura della donna a suggerirne l'abbondanza della metratura. Con una delle zampe, il cammello trattiene lo scudo che funge da cartiglio e che indica il nome del continente.

Due figure maschili, dalla corporatura imponente, stanno ai lati dello scudo: sulla sinistra un uomo dalla carnagione olivastra rappresenta probabilmente le popolazioni dell'Asia meridionale; quello sulla destra, dalla pelle più chiara, raffigura coloro che vivono nelle zone più settentrionali del continente.

Entrambi hanno gli arti inferiori chiusi da ceppi: sono prigionieri dell'idolatria che li tiene legati a false credenze e impedisce loro di esercitare quella libertà donata all’uomo dal Creatore. La figura di sinistra, in particolare, tiene il capo chinato e resta nell’oscurità, a dire la triste condizione degli idolatri; con la mano destra piega il suo stesso capo, a significare forse i condizionamenti e le paure dell’idolatria.

L'altra figura, quella di destra, compie una torsione del busto in modo da poter innalzare il capo verso la donna che sta facendo un gesto di grande significato. Ella eleva il braccio sinistro e lo sguardo verso Ignazio: gli sta chiedendo l'invio di missionari che annuncino il Vangelo e donino la vera libertà agli asiatici.

Anche il cammello sembra gioire per questa richiesta: curiosamente, infatti, guarda la donna e le sorride.

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La risposta di Ignazio è rappresentata poco al di sopra della raffigurazione del continente asiatico. Seduto su un'ampia nuvola si trova Francesco Saverio, uno dei primi due missionari che partono per l'India e che tenterà addirittura, pur senza successo, di penetrare in Cina. Egli guarda ed accoglie il gruppo di indigeni che si avvicinano, pur con fatica, a lui e, con la mano destra, indica uno di loro che sta implorando la liberazione dalla schiavitù dell'idolatria.

Con la mano sinistra, invece, tiene la Croce, il segno dell'amore di Cristo, che salva e libera l'uomo. Alla stessa Croce il Santo si appoggia, a dire che egli confida solo nella forza della sua fede.

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Sullo stesso lato, di fronte all'Asia, ecco l'allegoria del Vecchio Continente, l'Europa, raffigurata come una regina, avvolta da un manto color oro e con una piccola ma elegante corona imperiale sul capo. È seduta su un grande cavallo maculato che, significativamente, volge il muso verso di lei, pronto ad obbedire ai suoi comandi. Brandisce lo scettro con la mano destra e lo dirige davanti a sé, in direzione dell'America.

È significativo che lo scettro sia diretto proprio verso il continente americano: è il Nuovo Mondo, quello che proprio le maggiori potenze europee hanno da poco scoperto e che chiede di essere evangelizzato. Di ciò devono essere consapevoli anzitutto i sovrani, come il re del Portogallo che, per primo, chiama i gesuiti per la predicazione del Vangelo nei suoi domini oltreoceano.

A ben vedere la donna è un'imperatrice, a giudicare dallo scettro, ma soprattutto dal globo terrestre che un putto le porge e sul quale ella appoggia la sinistra. L'Impero si estende anche nelle Americhe, nella persona dell'Imperatore, che ha domini fin oltre i confini europei: Poiché l’Impero continua ad avere il titolo di "sacro", il suo sovrano ha il compito di difendere e propagare la fede.

Nell'economia della rappresentazione, quindi, ciò che l'Europa, "regina" dei continenti, è chiamata a compiere è l’azione missionaria. Le nazioni europee, infatti, sono state le prime ad accogliere la predicazione del Vangelo; in Europa si trovano i grandi monasteri; europee sono state le grandi figure di evangelizzatori, da Colombano, a Bonifacio, a Patrizio … Dal continente europeo devono partire nuovi missionari perché si dirigano verso le terre ancora pagane.

Due le figure sottostanti. La prima è ritratta di spalle ed è illuminata, ad indicare che appartiene ad un popolo che ha accolto il Vangelo; l’altra attende ancora la luce del Vangelo.

Un ultimo particolare va osservato. Sulla sinistra, ai piedi della regina e in una posizione verso la quale ella può certamente guardare, due putti reggono una pesante cornucopia, da cui escono frutti abbondanti. Rappresentano il gran numero di conversioni che gli evangelizzatori europei devono aspettarsi.

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Nello spazio soprastante, in posizione simmetrica rispetto alla già ricordata figura di San Francesco Saverio, da una nuvola, si affacciano tre santi gesuiti. A destra, in abito talare e cotta, e con il caratteristico giglio, si mostra San Luigi Gonzaga, il cui corpo è sepolto nella Chiesa. A sinistra, in posizione orante, è rappresentato un sacerdote in abito liturgico; si tratta probabilmente di Pietro Favre, primo sacerdote della Compagnia di Gesù. Tra i due santi fa, infine, capolino la testa di un altro santo dai tratti giovanili: Stanislao Kostka, beatificato nel 1605.

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Al di sotto di queste figure si trova la rappresentazione di un loggiato aperto su un gruppo di nuvole chiare che si staglia su un cielo azzurro intenso. Continua l'architettura illusionistica che qui si mostra in tutta la sua precisione tecnica e in tutta la sua armoniosa bellezza. Appena sotto la volta del grande arco, un'imponente figura angelica ritratta in un virtuosistico volo: tiene un grande specchio ovale con cui cattura uno dei raggi luminosi che partono dal cuore di Ignazio. Esso lascia impresso il monogramma del Nome di Gesù, JHS - abbreviazione del nome greco ΙΗΣΟΥΣ - la cui devozione, già diffusa da San Bernardino da Siena, fu accolta e grandemente propagandata dai Gesuiti.

Al di sopra della trabeazione, disseminati lungo tutta la rappresentazione, fanno capolino angeli in un gran numero, come una platea di quello spettacolo di fede, che è l’argomento del copione magistralmente recitato da Ignazio e dai suoi compagni.


Domenico Vescia


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