LA NATIVITÀ DI PIETRO CAVALLINI IN S. MARIA IN TRASTEVERE

Una Santissima Sovrana che dona al mondo il Salvatore

santa maria in trastevere

Quando il Cardinale Bertoldo Stefaneschi commissiona a Pietro Cavallini i sette riquadri per decorare la zona sottostante il catino absidale della Basilica romana di S. Maria in Trastevere si affida ad uno tra i pittori e mosaicisti più abili nella grande stagione artistica che segna il passaggio dal Medioevo al Rinascimento.

Natività di Pietro Cavallini

Cavallini supera la staticità delle rappresentazioni bizantine e fa in modo che le figure dei suoi mosaici, attraverso la resa delle ombre e le sfumature di colore, possano essere percepite in modo tridimensionale ed esprimere movimento.

Egli è in grado di raffigurare i volti dei personaggi in modo che esprimano sentimenti e stati d’animo ed è capace di fare assumere alle sue figure pose e movimenti per accompagnare le emozioni che provano. È così soprattutto per la Natività di Cristo, il terzo dei sei riquadri che rappresentano i momenti in cui la vita di Maria intreccia la venuta nel mondo del Figlio di Dio: la Nascita della Vergine, l’Annunciazione, la Natività di Cristo appunto, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione di Gesù al Tempio e la Dormizione della Madonna.

Natività di Pietro Cavallini

Al centro della composizione c’è proprio lei, Maria, che assume un ruolo comprimario, insieme al Figlio che ha appena dato alla luce. È raffigurata distesa, alla maniera orientale, colta nel momento del riposo, come ogni madre che abbia partorito. In questo modo, a sensibilità cristiana vuole mettere in evidenza che l’Incarnazione è un evento, un fatto realmente accaduto, contro alcune posizioni eretiche che, nei primi secoli, parlavano della venuta del Figlio di Dio come semplice “apparenza”.

Maria è vestita con solennità e indossa un abito color porpora intessuto con fili dorati: è il particolare che evidenzia la sua dignità di Madre di Dio o, come viene definita in Oriente, di Santissima Sovrana. Ella, infatti, indossa il colore – il rosso appunto – di cui solo l’imperatore e l’imperatrice, nell’antichità, potevano rivestirsi.

Dal suo capo scende sulle spalle un manto azzurro, bordato in oro. Nell’iconografia è il colore di tutto ciò che attiene a Dio e, nel contesto della rappresentazione della Natività di Cristo, ci ricorda la vita divina che Maria ha ospitato nel suo grembo, dal momento dell’Annunciazione. Si tratta della vita dell’eterno Figlio di Dio, seconda persona della Trinità, unico Dio: proprio alla dimensione eterna di Cristo allude il bordo dorato del manto che riveste Maria.

Maria non è rivolta verso il Figlio, collocato nella mangiatoia alla sua sinistra, ma ha lo sguardo assorto, come testimonia anche la posizione delle mani: sta contemplando il mistero dell’Incarnazione che coinvolge anche lei e che esige lo stupore meditativo di chi vuole lasciarsi affascinare dall’amore immenso di Dio riversato sugli uomini.

Al di sopra del suo capo si trovano tre stelle che indicano il mistero della Verginità della Madre di Dio: prima, durante e dopo il parto. Una delle tre, in particolare, si trova in quella sorta di semicerchio nero, bordato di azzurro. Si tratta di quello che potrebbe essere definito “lo spazio di Dio”, quello in cui – da sempre – Egli pensa all’uomo, lo ama, progetta di salvarlo.

Il nero indica l’abisso dell’eternità, non come oscurità, ma come sapienza insondabile, inaccessibile, ma certamente da accogliere e contemplare. La stella collocata proprio in quello spazio, ricorda che Dio ha preservato Maria da qualsiasi contaminazione del peccato. È il mistero della sua Immacolata Concezione.

Ma c’è un altro significato: le stelle sono tre ed ognuna di esse diffonde tre raggi luminosi. Il riferimento è alla Trinità. Sono le tre divine persone che realizzano l’Incarnazione e che operano la Redenzione del genere umano.

Natività di Pietro Cavallini

Il Bambino è avvolto in fasce ed è deposto nella mangiatoia, come precisa il Vangelo di Luca. Ad uno sguardo attento, tuttavia, quella mangiatoia richiama un sarcofago, una sepoltura e quelle fasce sono le bende con le quali si avvolge una persona morta. Mentre si contempla il Figlio di Dio appena venuto nel mondo occorre pensare al mistero pasquale. Egli è venuto per rivelare il Volto del Padre che è amore sconfinato, fino al punto di donare la vita.

Il Bambino e la Madre hanno come sfondo il buio della grotta: sono le tenebre del male che Cristo è venuto a dissipare, sconfiggendo la morte e aprendo per tutti le porte della salvezza.

Dietro la mangiatoia fanno capolino le figure del bue e dell’asino che la tradizione cristiana colloca nella rappresentazione della Natività non perché ne facciano riferimento i Vangeli, ma come monito per chi osserva la scena.

Il primo capitolo del Libro del profeta Isaia, al versetto 3, così afferma: “Il bue conosce il proprietario / e l'asino la greppia del padrone, / ma Israele non conosce /e il mio popolo non comprende”. L’uomo è chiamato ad assumere l’atteggiamento dell’asino e del bue, riconoscendo in quel Bambino il Signore.

Natività di Pietro Cavallini

In basso, a sinistra, conviene osservare la figura di Giuseppe. È discosto rispetto alla Madre e al Figlio; è seduto, con il capo rivolto verso il basso ed è assorto nella meditazione. Forse è addirittura assopito. Ognuno di questi particolari rivela un senso: innanzitutto è raffigurato in uno spazio separato per indicare che egli si è fatto collaboratore di Dio, rispondendo ad una precisa chiamata, ma non è stato direttamente coinvolto in quel concepimento: esso è stato opera di Dio che ha reso fecondo il grembo di Maria perché desse alla luce il Cristo, vero Dio e vero uomo.

L’atteggiamento meditativo richiama ciò che di lui ci dicono gli evangelisti Matteo e Luca: egli è un uomo giusto e, di fronte a ciò che di sconvolgente attraversa la sua vita di promesso sposo di Maria, riflette per assicurarsi di assumere le decisioni più corrette e le azioni più rispettose del volere di Dio. E così accoglie Maria nella sua casa, riconoscendo che ciò che si sta formando nel suo grembo viene da Dio.

L’assopimento, da ultimo, richiama ciò che i vangeli comunicano: egli viene informato in sogno riguardo a ciò che Dio gli chiede di fare. Dopo la nascita di Gesù, in particolare, egli sarà avvertito in sogno di portare il bambino e sua Madre in Egitto, per sottrarlo alla minaccia di Erode.

Natività di Pietro Cavallini

Nella parte superiore della rappresentazione si trovano tre angeli, dai tratti bellissimi: due di essi si trovano a sinistra, al di sopra della roccia e si chinano sulla grotta. Quello più esterno guarda la Madre e il Bambino e unisce le mani con le palme rivolte verso l’alto; l’altro invece allarga le braccia e protende le mani verso la scena.

La loro funzione è quella di mediare tra cielo e terra. Mostrano come l’evento della nascita di Cristo sia iniziativa divina, ma riguardi ogni uomo e l’intera umanità. Dio ama a tal punto gli uomini che sceglie di comunicare con loro e di camminare sulle loro strade assumendo la loro stessa carne.

Natività di Pietro Cavallini

Il terzo angelo sembra essersi staccato dagli altri due per rivolgersi direttamente al pastore rappresentato sulla destra dell’opera. E’ colui che sta svolgendo la funzione di “portatore di una buona notizia”: davanti al pastore sta infatti srotolando un cartiglio che recita: “Annuntio vobis gaudium magnum! - Vi annuncio una grande gioia!”. E il pastore alza la mano destra in segno di assenso.

Quel pastore è un esponente di quel popolo di “umili” a cui Dio rivela la sua tenerezza e assicura la sua presenza: accoglie Dio chi non è pieno di sé, chi è capace di affidarsi, chi sente di aver bisogno di salvezza.

È ciò che mostra la semplicità del pastore, rivestito di un abito corto e povero fermato in vita dalla cintura di una bisaccia, con i calzari leggeri ed essenziali che la sua condizione gli consente, con il cappello appena tolto dal capo in segno di riverenza. In seguito a quell’annuncio l’umile pastore potrà utilizzare il bastone che tiene ben saldo con la mano sinistra per recarsi alla grotta e adorare il Bambino.

Vale la pena dare un ultimo sguardo alla bellezza di questi angeli, dalle ali variopinte e dai colori soffusi e delicati. Due di essi sono vestiti con una ricca tunica azzurra a forma di dalmatica decorata con strisce dorate; uno invece – quello più a sinistra - indossa la clamide, un ampio mantello azzurro che gli copre la spalla sinistra. Si tratta dei colori del cielo (l’azzurro), della luce divina (il bianco) e dell’eternità (l’oro).

Oltre all’asino e al bue, altri animali sono raffigurati in una posizione capace di attirare l’attenzione dell’osservatore.

A destra, proprio sotto la figura del pastore, si trova un cane, simbolo di fedeltà, quella stessa che è richiesta a tutti coloro che, come il bue e l’asino, riconoscono il loro Signore, si accorgono della sua presenza e desiderano seguirlo.

In basso, quasi al centro, un folto gregge di pecore e, sopra di esse, un’antilope che nell’iconografia cristiana rappresenta – a motivo delle sue corna parallele – l’Antico e il Nuovo Testamento. La Nascita di Cristo, infatti, inaugura i tempi nuovi e rende possibile la rivelazione piena e definitiva.

Davanti al gregge si trova un suonatore di corno. Si tratta di un richiamo alla gioia, a motivo della misericordia che Dio manifesta. Il riferimento è al suono del corno che dà inizio al giubileo.

Natività di Pietro Cavallini

Ma il particolare più curioso riguarda quell’edificio - con una torre accanto - rappresentato sotto la figura di Maria. Si tratta della taberna meritoria, come recita l’iscrizione: nell’antica Roma era una sorta di istituto dove alloggiavano i soldati veterani e che sorgeva dove oggi si trova la Basilica di S. Maria in Trastevere.

Secondo quanto narrato da San Girolamo e da Eusebio di Cesarea, in questo luogo, nel 38 a. C., sarebbe scaturita una sorgente di olio che sarebbe defluito per un giorno e una notte. L’evento fu interpretata dagli ebrei che vivevano a Roma come un presagio dell’ormai imminente arrivo del Messia, la cui parola significa proprio “unto del Signore”.

Lo stesso evento fu considerato dai cristiani annuncio della futura nascita di Cristo. Anche il nome greco Christos significa “unto”, nel senso di “consacrato”.

Per questo motivo i cristiani della Roma del III secolo fecero del luogo un oratorio, sulle fondamenta del quale sorse la primitiva Basilica di s. Maria in Trastevere, più volte rimaneggiata, fino alla forma attuale assunta nel XII secolo.

Questo riferimento permette di comprendere l’iscrizione sottostante che, accanto ai riferimenti teologici alla divinità di Cristo, cita i “fiumi di olio” scaturiti nel luogo e resi eloquentemente nell’immagine. Così recita l’iscrizione:

Iam puerum iam Summe Pater post tempora natum: accipimus. Genitum tibi quem nos esse coevum credimus hincque olei scaturire liquamina Tybrim.

Ecco già il Bambino: lo accogliamo, o Sommo Padre, nato dopo i tempi stabiliti.

Per te hai generato Colui che noi crediamo da sempre coesistente con Te e da qui crediamo che il Tevere faccia scaturire fiumi di olio.

Natività di Pietro Cavallini

Un ultimo accenno va fatto ad un particolare della rappresentazione che rischia di sfuggire. Ogni personaggio e ogni presenza animale si muove in un contesto roccioso, i cui strati vedono – qua e là – spuntare piccoli cespugli. Si tratta di un’allusione al deserto che diventa un giardino di cui parla il profeta Isaia al capitolo 15.

La presenza di Dio che irrompe nella storia e che rinnova l’umanità è stupefacente come un deserto che rinverdisce. A noi è chiesto di accorgercene.


Domenico Vescia


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