IL PASSAGGIO DEL MAR ROSSO di Biagio d'Antonio Tucci nella CAPPELLA SISTINA

il passaggio del mar rosso di biagio d'antonio tucci nella cappella sistina

Il passaggio del Mar Rosso, terzo della parete destra della Cappella Sistina, è stato a lungo ritenuto di autore incerto. Attribuito a Domenico Ghirlandaio o a Cosimo Rosselli è oggi unanimemente ritenuta opera di Biagio d'Antonio Tucci, allievo del Rosselli e della bottega del Verrocchio e, in seguito, attivo a fianco di Pietro Perugino, Sandro Botticelli e dello stesso Rosselli, sui ponteggi della Sistina, tra il 1481 e il 1482.

Come tutti gli affreschi realizzati lungo le pareti laterali, anche Il passaggio del Mar Rosso racconta più episodi, attraverso un continuum narrativo che permette di dar conto della complessità dell’evento rappresentato.

il passaggio del mar rosso di biagio d'antonio tucci nella cappella sistina

Sulla destra, davanti alle mura della città, Mosè e Aronne stanno al cospetto del faraone per chiedergli di consentire che gli ebrei lascino l'Egitto. Il faraone, raffigurato sotto un alto padiglione, oppone il suo rifiuto. E così sulla sua città che si mostra sullo sfondo, imponente, ricca di edifici e circondata da possenti mura, incombe la tempesta, attraverso la quale Dio annuncia la sua punizione. Infatti il faraone si convincerà a decretare la liberazione solo dopo che Dio avrà mandato le dieci piaghe; lascerà partire il popolo, ma poi si pentirà e muoverà il suo esercito all’inseguimento.

E cosi Israele, guidato da Mosè, esce dalla terra d'Egitto, con i soldati egiziani alle calcagna.

Lungo il cammino, ecco il Mar Rosso.

Quello che accade è mirabilmente narrato dall'affresco della Sistina. Mosè, vestito con una vistosa tunica gialla, ad indicare la sua identità ebraica, e con un mantello verde, simbolo dei condottieri, è fermo su un lembo di terra asciutta ricoperta di un manto d’erba, quasi ad annunciare la fertilità della terra promessa. Ha raggiunto la riva opposta, dopo aver steso le mani sul mare, aprendo così il passaggio che consente al popolo di attraversare indenne le acque.

Al centro della rappresentazione si trova il mare, che l'artista ha reso con un'eloquente tonalità rossa. Le acque descrivono una sorta di corridoio che si insinua verso il fondo: in questo modo all'osservatore è evidente come le acque si siano richiuse dopo il passaggio del popolo.

Ben diversa è la situazione sul lato destro dell'opera: le acque stanno travolgendo l'esercito del faraone, i suoi carri e i suoi cavalli. In primo piano si trova il faraone stesso, armato di tutto punto, in sella al suo cavallo bianco che gira il muso verso il suo condottiero, quasi a comunicargli l’impossibilità di proseguire la corsa a causa dell'impeto delle onde. Dietro di lui un cavaliere si volge verso il cielo e brandisce la spada, come a tentate un'inutile difesa. Davanti a loro, invece, alcuni soldati, già sbalzati dai loro cavalli, tentano di raggiungere la riva a nuoto.

Dietro il faraone è tutto un groviglio di corpi, di cavalli, di lance. Il potente esercito del faraone è sbaragliato dalla mano di Mosè, guidata da Dio.

In mezzo alle acque del Mar Rosso, la raffigurazione di una colonna sospesa, indica la "colonna di fuoco" che guida il popolo di giorno e illumina il suo cammino di notte. Dietro a essa, un albero innalza il suo tronco dalle acque, simboleggiando così la vita che riprende dopo lo scampato pericolo. Altri alberi fanno bella mostra di sé sulla sponda e sulla collina: sono rigogliosi e carichi di frutti, segno della provvidenza divina e presagio di ciò che attenderà Israele dopo che avrà raggiunto la terra promessa. Significativamente, tra le rocce, si vede il popolo in cammino, diretto verso giardini rigogliosi.

Sullo sfondo si innalza l'arcobaleno, segno della presenza di Dio e dell'alleanza che Egli stabilisce con il suo popolo. Anche lo squarcio luminoso che si apre nelle nubi annuncia, per gli israeliti, la liberazione ormai prossima.

In primo piano, Mosè osserva, con sguardo severo, la disfatta dell'esercito egiziano. Nella destra porta il bastone con il quale aveva aperto le acque; lo appoggia sulla spalla, dopo aver comandato alle stesse acque di richiudersi. Alla sua sinistra, inginocchiato, si trova il fratello Aronne; ha le mani giunte ad indicare la sua dignità sacerdotale. Alla destra, la sorella Miriam, inginocchiata e intenta a suonare l'arpa; sta intonando quello che sarà definito il Cantico di Mosè: "Voglio cantare al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere".

Alle spalle dei tre fratelli si trovano i dignitari del popolo, quelli che, lungo il cammino, spesso mormoreranno contro Mosè e Aronne. Ora osservano stupiti e turbati ciò che Dio ha compiuto per mano del liberatore che Egli stesso ha scelto.

All'estrema sinistra alcune donne danzano, in segno di gioia, e si apprestano a seguire il resto del popolo avviato verso la terra promessa.

Sul versante stilistico, l’opera si presenta caratterizzata dall'abbondanza di particolari e dalle linee curve e sinuose delle acque e delle nubi. In questo modo, l'artista conferisce movimento alla scena, che si presenta concitata e drammatica.

La vivacità dei colori trasmette la gioia dell'avvenimento: è la Pasqua di liberazione, annuncio della vera Pasqua, quello di Cristo.

Domenico Vescia

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