UN PROFETA CHE CONTA

Il Giona di Michelangelo sulla Volta della Cappella Sistina

Entrata Cappella Sistina

Le solenni processioni papali che entravano nella Cappella Sistina si dirigevano verso la parete di fondo, occupata dall’immenso affresco del Giudizio universale.

Gli occhi dei prelati erano immediatamente diretti verso l’imponente figura di Cristo giudice, posta nella parte alta, e subito erano spinti a guardare ancora più in su, al vertice della volta.

Man mano che procedevano, il loro sguardo saliva ed incontrava un’altra figura, imponente, in posa strana, con lo sguardo rivolto verso l’alto e con le gambe talmente possenti da farla sembrare in procinto di cadere.

Ionas: lo definisce l’iscrizione posta sul peduccio della volta sulla quale è affrescato.

E’ il personaggio di cui parla l’omonimo libro biblico: un profeta recalcitrante, che non vuole obbedire a Dio e fugge lontano dalla missione che Egli gli assegna. Dovrebbe recarsi a Ninive, capitale assira, per chiedere che gli abitanti cambino vita e si convertano. Si imbarca invece per Tarsis, lontano dalla mèta indicata.

Dio scatena una tempesta di cui l’equipaggio della nave ritiene responsabile proprio Giona che viene gettato in mare e inghiottito da un grande pesce. Dopo tre giorni il pesce lo rigetta sulla spiaggia e Dio formula la stessa richiesta.

Giona obbedisce e, di fronte al cambiamento di condotta dei niniviti e al perdono da parte di Dio, rimane sconvolto: preferirebbe una punizione o addirittura la distruzione. Si indigna perché Dio è misericordioso. Esce dalla città e si rifugia in un luogo appartato, percosso dal sole e dal calore. Il Signore allora “prepara la sua strategia” per educarlo. Fa crescere un ricino perché faccia ombra e intenerisca Giona. Il profeta si dichiara soddisatto di questo gesto di attenzione da parte di Dio che tuttavia fa seccare la pianta con la stessa velocità con cui l’aveva fatta crescere. È l’apice dello sdegno da parte di Giona, ma è anche il punto culminante dell’azione educatrice da parte di Dio: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra?».

Eccolo il Giona di Michelangelo, in tutta l’imponenza della sua figura.

Giona di Michelangelo

L’artista lo affresca tra il 1511 e il 1512, mentre lavora alla decorazione della volta della Cappella Sistina, per incarico di Papa Giulio II. Michelangelo impiega dieci giorni di lavoro per realizzare la figura del profeta: la vuole di grandi dimensioni perché sia vista in prospettiva, da parte di chi entra e sosta nella cappella.

Gambe giona di Michelangelo

In primo piano le sue possenti gambe, abbronzate e muscolose. Hanno i muscoli contratti, in tensione, come del resto l’intero corpo. Il piede destro è appoggiato a terra, mentre il sinistro è sollevato.

Il busto è arretrato, come se il profeta si fosse mosso da una posizione sdraiata e si fosse alzato di scatto, appoggiandosi all’avambraccio e al gomito destro, per girarsi verso qualcuno che lo sta chiamando. Sta rispondendo a Dio che, di fronte alle sue proteste verso il perdono che Egli ha concesso ai niniviti, lo rimprovera dolcemente con le parole: “Ti sembra giusto essere sdegnato così?”

Giona sta vivendo un momento di crisi: non capisce, non accetta la bontà di Dio, quasi rifiuta un Dio che preferisce il perdono alla punizione.

Alza lo sguardo corrucciato e perplesso verso l’alto.

Viso giona di Michelangelo

Si direbbe addirittura che stia litigando con Dio e lo stia facendo in modo impetuoso. Il suo volto infatti è contratto, i suoi occhi sono spalancati, la sua bocca è aperta e la sua espressione è irritata.

Indossa abiti laceri, quei pochi brandelli che gli sono restati addosso dopo essere stato per tre giorni nel ventre del pesce ed essere stato letteralmente “vomitato” sulla spiaggia.

Eccolo il pesce, alla sinistra di Giona. Mostra il suo muso con la bocca ancora spalancata, quasi appoggiata alla gamba del profeta, come se fosse pronto ad inghiottirlo di nuovo.

Dietro Giona è raffigurata la pianta di ricino, quella che Dio fa crescere per offrire ombra al profeta offeso e arrabbiato con Lui a causa del perdono accordato agli abitanti di Ninive.

Quel ricino è verde alla base, ma alle estremità dei rami è marrone: sta già seccando.

Accanto al profeta si trovano due figure.

Bambini Giona di Michelangelo

In secondo piano si scorge una figura infantile, dietro cui si muove, svolazzando sulle spalle nude, un mantello viola purpureo. Sembra trattenere il pesce e, volgendo lo sguardo, sembra rassicurare il profeta. Potrebbe rappresentare la volontà che domina gli atteggiamenti impulsivi, come quelli sperimentati da Giona, che non si ferma a riflettere prima di decidere di disobbedire a Dio.

Alle sue spalle l’altra figura leva la mano sinistra in atto di giuramento, mentre guarda direttamente Giona. Ricorda che Dio è fedele alla sua promessa di alleanza con gli uomini.

Giona di Michelangelo

Ma i gesti più interessanti sono quelli che Giona stesso sta compiendo con le mani.

L’indice della mano sinistra si sta dirigendo verso lo stesso dito della destra. Sembra stia contando.

E’ come se il profeta conti fino a tre, i giorni durante i quali egli è rimasto nel ventre del pesce.

Ma quell’indice sinistro è anche rivolto verso il basso per invitare l’osservatore a guardare

Cristo. Anche Lui è rimasto per tre giorni nel ventre della terra, nel buio del sepolcro. Ma al mattino del terzo giorno, “il primo giorno dopo il sabato”, è risorto.

Ecco allora l’importanza di Giona: è figura di Cristo, morto, sepolto e risorto.

Gesù Cristo Giona di Michelangelo

Ecco allora l’importanza di Giona: è figura di Cristo, morto, sepolto e risorto.



Domenico Vescia

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