Basilica di Santa Maria Maggiore, Mosaici dell’arco Trionfale

I MAGI E GLI SCRIBI DI FRONTE AD ERODE

basilica di santa maria maggiore, mosaici dell’arco trionfale

L'Arco Trionfale della Basilica di Santa Maria Maggiore, eretto all'indomani del Concilio di Efeso, è un solenne inno alla divinità di Cristo e alla divina maternità di Maria.

Le sei rappresentazioni che esso comprende sono impostate su tre registri: il primo raffigura l'Annunciazione e la Presentazione al Tempio; il secondo la manifestazione ai pagani di Gesù Bambino come Dio; il terzo raffigura due episodi che hanno come tema il rifiuto a riconoscere la divinità di Cristo. Protagonista di entrambi è Erode che diventa figura di coloro che si ostinano a non voler comprendere che Gesù è vero Uomo e vero Dio.

Nel riquadro di sinistra Erode è rappresentato di fronte alle madri di Betlemme nel momento in cui decreta la strage degli innocenti, a destra invece lo stesso Erode si trova al cospetto degli scribi e dei Magi.

Per comprendere occorre far riferimento a quanto narra l'Evangelista Matteo al capitolo secondo del suo Vangelo: Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. (Mt 2, 1-4)

È proprio questo il momento raffigurato nel riquadro di destra, al terzo registro.

Erode è seduto su un trono gemmato, simmetrico rispetto a quello della rappresentazione precedente. Come un imperatore romano, indossa la lorica militare e un'ampia clamide blu fermata sulla spalla destra; porta il bracciale al polso destro e il diadema sul capo. Con la mano destra sta compiendo il gesto dell'adlocutio per indicare il fatto che sta parlando. Il suo capo è circondato da un'aureola dorata, attributo che l'arte paleocristiana ricava dalla simbologia pagana per indicare le persone provviste di potere.

Di fronte a lui stanno i Magi, vestiti alla moda persiana, con ricchi abiti gemmati per indicare la loro nobiltà, dovuta ala loro sapienza. In particolare essi indossano il berretto frigio, attributo che li rende immediatamente identificabili come persone che credono che regalità e divinità siano intimamente connesse: vanno a cercare un re e sono convinti che quel re sia di natura divina.

Il primo dei tre sta parlando ad Erode, come mostra la mano destra alzata; il secondo guarda verso l'alto e porta la mano al mento, in atteggiamento pensoso, come se presagisse le disoneste intenzioni del re. L'ultimo, come il primo, osserva Erode attentamente e anche in modo perplesso.

Il re si rivolge ai due scribi che stanno alla sua destra, vestiti alla romana, con tunica clavata e ampi mantelli fermati sul petto. Hanno tra le mani il rotolo della Scrittura che, su richiesta di Erode, hanno appena consultato. Come afferma Matteo, rispondono riguardo al luogo in cui il Messia avrebbe dovuto nascere: ”A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele”. (Mt 2, 5-6).

Sullo sfondo, a sinistra, si trova la città di Betlemme, dove Erode stesso invierà i Magi, chiedendo loro di "informarsi accuratamente del bambino e, quando l'avranno trovato, di farglielo sapere, perché anch'egli vada ad adorarlo". Certamente Erode non ha nessuna intenzione di farlo; crede di essere furbo, ma qualcosa gli va storto: ai Magi viene chiesto, in sogno di non tornare da Erode e, per un’altra strada essi faranno ritorno al loro paese.

Domenico Vescia

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