Basilica di Santa Maria Maggiore, Mosaici dell’arco Trionfale

LA SACRA FAMIGLIA INCONTRA IL GOVERNATORE AFRODISIO

basilica di santa maria maggiore, mosaici dell’arco trionfale

La Fuga in Egitto

Il Concilio di Efeso, concluso nel 431 d.C., aveva combattuto l’eresia di Nestorio che aveva sostenuto la sola natura umana di Gesù e, contemporaneamente, aveva affermato che Maria è Madre di Cristo e non Madre di Dio. All’indomani del Concilio, Papa Sisto II, tra il 432 e il 440, fa erigere il grandioso Arco Trionfale nella Basilica di Santa Maria Maggiore, per celebrare quando ad Efeso era stato definito: Cristo è vero Uomo e vero Dio e Maria è realmente Madre di Dio perché il suo Figlio ha natura divina e non solo umana.

Tra le sei rappresentazioni dell’Arco, disposte su tre registri, quelle centrali celebrano la manifestazione ai pagani della divinità del Bambino Gesù. Alla destra del secondo registro troviamo la raffigurazione della Fuga in Egitto o, sarebbe meglio dire, l’Incontro della Santa Famiglia con il governatore Afrodisio.

L’episodio è narrato nel Vangelo apocrifo della Pseudo-Matteo che, pur essendo stato scritto tra il VII e il IX secolo – e quindi dopo la realizzazione dell’Arco trionfale - recepisce e ingloba testi scritti prima del 432. Si tratta del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo dell’infanzia dello Pseudo-Tommaso.

Secondo il racconto apocrifo, La Sacra Famiglia, giunta in Egitto, entrò nel Capitolium della città di Sotinen. Così afferma il testo: “In questo tempio c’erano trecentosessantacinque idoli, ai quali ogni giorno si rendeva onore in un culto sacrilego. Quando Santa Maria entrò con il Bambino nel tempio tutti gli idoli caddero a terra e rimasero a faccia in giù completamente distrutti e spezzati. Così dimostrarono che non erano nulla. Quando la notizia giunse ad Afrodisio, il governatore di quella città, egli andò al tempio con tutto l’esercito. I sacerdoti, vedendolo avanzare verso il tempio con tutto il suo esercito, pensarono che avrebbero assistito alla rivincita inflitta contro i colpevoli della caduta degli dei. Egli però, dopo essere entrato nel tempio e aver visto tutti gli idoli sparsi a faccia in giù, si avvicinò a Maria e adorò il Bambino che aveva in braccio. Dopo averlo adorato, si rivolse all’esercito e ai suoi amici dicendo loro: Se egli non fosse il Dio dei nostri Dei, essi non sarebbero caduti a faccia in giù davanti a lui, né sarebbero prostrati alla sua presenza” (Vangelo dello Pseudo-Matteo XXIII-XXIV).

Rispetto al racconto, nella rappresentazione romana la Sacra Famiglia giunge da destra verso la porta della città. Come nei riquadri precedenti, Maria è vestita come un’imperatrice, a dire la sua altissima dignità di Madre di Dio. Con la mano destra sembra accompagnare il piccolo Gesù che non si trova tra le sue braccia, ma cammina autonomamente in testa al gruppo.

Accanto a lei si trova Giuseppe, vestito con la toga clavata romana e dotato di mantello e bastone; anch’egli alza la mano destra, dimostrando di prendersi cura del piccolo Gesù.

A fare da corona alla Sacra Famiglia stanno i quattro angeli vestiti con tunica e mantello bianchi presenti anche nella scena dell’Epifania: tre di essi alzano la destra come per confermare ciò che sta accadendo. Il secondo da destra alza due dita per affermare la duplice natura del Bambino, vero Dio e vero Uomo. Il primo, sempre da destra, porta impressa sulla veste la gamma greca, simbolo della Trinità.

Il Bambino avanza con decisione e si presenta – sarebbe meglio dire si manifesta – al governatore. Sul suo mantello la lettera I – iota – l’iniziale del suo stesso nome in greco: Iesous.

Di fronte a lui sta il governatore Afrodisio, rivestito di un’ampia clamide blu con fermaglio ingioiellato sulla spalla destra e con il capo avvolto da un diadema. La posizione dei suoi piedi dice che è appena giunto al cospetto del divino Bambino e subito gli parla, riconoscendolo come Dio, come rende evidente la destra alzata nel gesto dell’adlocutio.

Accanto a lui sta un sacerdote che sembra assecondare i gesti e le parole del governatore e dietro si trovano invece i soldati che, con volto pensoso, si interrogano su ciò che sta accadendo. Uno dei personaggi del seguito si volge verso i compagni, come a volerli interpellare.

Del resto, In quel momento, tutte le loro certezze sono crollate, insieme ai 365 idoli: il vero Dio è di fronte a loro.

Domenico Vescia

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