Basilica di Santa Maria Maggiore, Mosaici dell’arco Trionfale

ADORAZIONE DEI MAGI

basilica di santa maria maggiore, mosaici dell’arco trionfale

Il secondo registro dell’Arco trionfale della Basilica di S. Maria Maggiore, realizzato durante il pontificato di Sisto III, tra il 432 e il 440, rappresenta la manifestazione della divinità di Cristo ai popoli della terra. La raffigurazione posta sulla sinistra è appunto l’Epifania: Cristo si manifesta ai pagani, ma anche ai sapienti del mondo.

Il Bambino Gesù è collocato su un ampio cuscino che copre la seduta di un imponente trono gemmato, evidentemente sproporzionato rispetto a lui. In tal modo – si potrebbe azzardare – l’ignoto mosaicista ha voluto sottolineare come la maestà di Cristo sovrasta quella di qualsiasi regalità terrena. Egli, inoltre, non poggia i piedi sul suppedaneo, altra prerogativa imperiale, perché l’intero universo è lo sgabello dei suoi piedi. Da ultimo è possibile osservare che quel trono è gemmato e quindi riflette la luce che promana dalla persona divina di Cristo.

Il piccolo Gesù è vestito con una lunga tunica bianca con impressa la lettera “I” – la iota – che rappresenta l’iniziale del suo nome in greco: Iesoùs; ha il capo avvolto in un nimbo dorato che racchiude una piccola croce, dal momento che Egli è un Dio che donerà la sua stessa vita per l’immenso amore che nutre per gli uomini. Il gesto del Bambino è particolarmente significativo: porta ala mano al petto e alza due dita, ad indicare la sua duplice natura di vero Dio e vero Uomo.

Dietro di Lui si trovano quattro angeli vestiti con tunica e pallio, con ali e aureole contornate di bianco. I due di destra guardano verso di lui, mentre quelli di sinistra fissano la stella che si eleva proprio sopra il capo di Cristo. È segno del Messia che è nato, secondo la profezia di Balaam citata nel Libro dei Numeri: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24, 17).

Alla destra di Gesù siede in trono Maria, sua Madre, che conserva l’abbigliamento regale delle scene precedenti. Ella porta la mano destra al petto in segno di partecipazione e appoggia la sinistra sul trono, ad indicare che quel Bambino è frutto della sua divina maternità.

Dalla parte opposto, si trova un’altra figura femminile seduta su un trono, avanzato rispetto a quello della Vergine. È vestita con una tunica marrone sovrastata da un ampio mantello scuro; incrocia le gambe, porta la mano destra al mento, con la sinistra regge un cartiglio e rivolge lo sguardo verso l’esterno della scena. Sono almeno tre le spiegazioni di questa figura. Una prima la identifica con la Sibilla Eritrea, le cui profezie, seppur pagane, erano interpretate dai primi cristiani come un annuncio della nascita del Salvatore; una seconda ipotesi la fa coincidere con la Sinagoga degli ebrei, chiamati ad interrogarsi sulla messianicità di quel Bambino; una terza ed ultima spiegazione la collega con la Ecclesia, la comunità dei credenti, chiamata a meditare sul mistero di Cristo e ad annunciarlo ai pagani.

Figure centrali sono quelle dei Magi. Essi vestono abiti alla moda persiana, con corte tuniche a colori vivaci sopra pantaloni attillati. Il loro abbigliamento, calzari compresi, è riccamente decorato e tempestato di pietre preziose. Nelle mani essi portano i doni che si dispongono ad offrire al Bambino.

L’elemento iconograficamente rilevante è tuttavia il loro copricapo: si tratta del berretto frigio, che li rende immediatamente identificabili come saggi di origine orientale. Il copricapo è l’elemento rivelatore del significato della loro presenza: essi Vanno alla ricerca del Re dei Giudei che considerano di natura divina, dal momento che gli orientali credevano che il sovrano fosse “signore e dio”. Il simbolo del berretto ha pertanto il valore di una professione di fede.

Sulla sinistra, particolarmente discosto, si trova Giuseppe, con i capelli neri e la toga clavata. Egli si rivolge direttamente all’osservatore e con il gesto della mano lo invita a riconoscere la divinità di Cristo.

Domenico Vescia

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