LA POTENZA DI UNO SGUARDO

Il Profeta Isaia di Raffaello nella Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio

raffaello

Roma, 1511. La popolarità di Raffaello è alle stelle.

La fama della bellezza della Stanza della Segnatura, a cui il pittore sta lavorando dal 1508 si sta diffondendo, grazie alle indiscrezioni che escono dal Palazzo Apostolico da parte di chi ha la possibilità di accedervi e quindi di constatare quali vertici di genialità Raffaello abbia raggiunto.

Uno dei fortunati è il lussemburghese Johan Goritz o Giovanni Coricio, secondo la versione italianizzata del nome, come allora si usava.

E’ protonotario apostolico e segretario dei Memoriali durante il pontificato di Giulio II e, insieme al Vicario dell’Ordine Agostiniano Egidio da Viterbo, è promotore del programma di rinnovamento iconografico della quattrocentesca Basilica di Sant’Agostino in Roma.

Data la sua posizione e spinto dal desiderio di arricchire la chiesa di un’opera memorabile, si rivolge proprio all’artista che, in quegli anni, insieme al grande Michelangelo, riempie di lustro la Città Eterna: Raffaello.

Michelangelo aveva appena terminato la decorazione della volta della Cappella Sistina per la quale aveva realizzato figure imponenti: profeti e sibille dal grande vigore fisico, capaci di mostrare i sentimenti e i moti dell’animo, anche attraverso i movimenti dei loro corpi.

E’ il caso, soprattutto, della stupenda raffigurazione del profeta Ezechiele, che Michelangelo aveva rappresentato nell’atto di voltarsi di scatto, verso la direzione da cui gli proviene l’ispirazione divina, accettata con un gesto eloquente della mano destra che si rivolge verso l’alto, a dire la disponibilità a farsi voce di Dio.

La sua personalità forte e decisa è chiaramente resa attraverso quel corpo imponente che lascia intravvedere la possente muscolatura, soprattutto delle gambe.

profeta Ezechiele Michelangelo

E’ certamente questa la figura a cui Raffaello si ispira per rappresentare il suo Profeta Isaia.

Non dovette sborsare poco, il Coricio, se è vero l’aneddoto che lo vede lamentarsi con Michelangelo del prezzo elevato pagato per l'affresco. Pare che l'artista abbia esclamato che «Solo il ginocchio vale il suo prezzo». Se fosse vero, questo aneddoto dimostrerebbe la gratificazione del Buonarroti, dopo aver notato che Raffaello si era ispirato a una delle sue figure.

Non è inoltre fuori luogo pensare che, quando due anni dopo Michelangelo iniziò a scolpire il suo Mosè, oggi a San Pietro in Vincoli, si sia ricordato proprio di quel ginocchio, realizzandone uno molto simile a quello dell’Isaia di Raffaello.

isaia raffaello

Ed ecco l’affresco raffaellesco, stupendo, per quanto di ridotte dimensioni.

Il Profeta è rappresentato seduto su una sorta di cattedra marmorea, dall'alto schienale e dall'ampia seduta, sormontato da due putti dallo sguardo ingenuo ed enigmatico; essi portano festoni sulle spalle e reggono una targa con impressa la dedica e il nome del committente a lettere greche.

La figura è immersa nel vento che muove i capelli del profeta, il velo che ricopre il suo capo e l'ampio panneggio tra il giallo dorato e l'arancione che, caduto dalle spalle, copre la sua gamba destra. È il simbolo dell'ispirazione profetica, di quel soffio impetuoso dello Spirito che lo investe, che interpella la sua libertà e lo invia come messaggero di Dio per richiamare il popolo al rispetto dell’Alleanza, unica garanzia per una vita sicura, felice e realizzata.

isaia Raffaello

Il vento sembra portare anche quel rotolo che il profeta sta mostrando, tenendolo saldo con la mano sinistra e dispiegandolo con la destra. Il braccio in primo piano, dalla perfetta anatomia, dà solennità al gesto, sottolineando che le parole scritte non sono del profeta che le propone, ma di Dio stesso.

In caratteri ebraici la pergamena recita il versetto 2 del capitolo XXVI del Libro del Profeta Isaia: "Aprite le porte affinché il popolo che crede entri".

La scelta del passo è certamente dettata dalla collocazione dell'opera, sul terzo pilastro di sinistra lungo la navata centrale, poco dopo l'ingresso nella chiesa, in un luogo verso il quale il fedele è portato ad alzare lo sguardo, mentre è diretto verso il presbiterio, luogo della celebrazione. Il versetto suona pertanto come un invito a rivolgersi con fiducia a Dio, ad "entrare" non tanto in un luogo fisico, ma in una dimensione confidenziale nei confronti di quel Signore di cui il profeta annuncia la misericordia senza limiti.

Il viso del Profeta va contemplato in silenzio, a motivo della sua grande e commuovente bellezza.

isaia Raffaello

Due occhi vivaci ed intensi si abbassano, rivolti verso un punto non identificabile del suolo. Lo sguardo oscilla tra il malinconico e l'assorto.

Il profeta è preoccupato per le sorti del popolo a cui Dio lo invia, un popolo sempre tentato di infedeltà. Nello stesso tempo si raccoglie per intercedere a suo favore, in una relazione con il Signore che lo spinge a conformarsi sempre di più alla missione che gli viene affidata.

ginocchio isaia raffaello

Le gambe di Isaia sono rappresentate di scorcio, con una particolare attenzione alla resa della muscolatura. Esse sono pronte al movimento, come se il profeta fosse in procinto di alzarsi da quella cattedra, pronto ad andare incontro a quegli uomini a cui deve predicare.

Il particolare del piede destro collocato al di fuori dello spazio rappresentativo, inoltre, non serve solo a dare la percezione di uno spazio tridimensionale, ma anche a sottolineare con maggiore forza l'atto di alzarsi che Isaia è pronto a compiere.

Tutto, in quest'opera, parla un linguaggio plastico: dai gesti, alla conformazione del corpo, dal vento, alla gamma dei colori che vanno dall'azzurro acceso della tunica, al giallo intenso del manto, al rossastro del velo.

Sant'Anna con la Vergine e il Bambino

Sotto l'affresco raffaellesco è collocato, come era in origine, il gruppo scultoreo che rappresenta Sant'Anna, con la Vergine e il Bambino, opera di Andrea Sansovino.

Sant'Anna era la protettrice del committente, come esplicita la targa scritta con caratteri greci retta dai due putti che affiancano il profeta: "A sant'Anna, madre della Vergine, alla santa Vergine, madre di Dio, a Gesù Salvatore, Giovanni Goritius".

Ed ecco il profeta, che vale contemplare ancora una volta, in tutta la sua bellezza e, in particolare nella raffinatezza del suo volto, da cui si dispiega uno sguardo che potremmo certamente definire “potente”, tanta è la sua capacità di interpellare la nostra sensibilità e di sollecitare le pieghe interne del cuore di ciascuno.


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Domenico Vescia