È fortemente preoccupato il Gioele rappresentato da Michelangelo nel 1512, sulla volta della Cappella Sistina. Il suo volto sembra presagire una sventura di cui egli cerca il senso nel cartiglio che sta consultando.
Gote scavate, occhiaie, sguardo intenso e corrucciato nello stesso tempo, labbra serrate … a guardarlo con attenzione si prova un senso di disagio e viene spontaneo chiedersi cosa stia provando il profeta, che cosa lo preoccupi tanto.
La risposta va cercata nell'espressione "giorno del Signore", ripetutamente usata da Gioele per riferirsi al giudizio di Dio. Il Signore è paziente - afferma il Profeta - ma le conseguenze del peccato di Israele non tarderanno a manifestarsi. Ci saranno eventi che costringeranno gli israeliti a comprendere che vivere felici significa stare in relazione con Dio, ascoltare la sua Parola, lasciarsi amare da Lui, essergli fedeli.
A testimoniare la serietà dell'annuncio di Gioele sono le quattro figure di fanciullo, dipinte a chiaroscuro sulle lesene che delimitano lo scranno su cui siede il profeta. Sono personaggi simmetrici a due a due e tutti sono raffigurati con pose ed espressioni che denotano afflizione.
Michelangelo ha voluto rappresentare la figura di questo profeta come dotata di grande dinamismo: la gamba destra è frontale, mentre la sinistra è fortemente arretrata. Le spalle effettuano una lieve, ma chiaramente percettibile torsione; il capo, invece, si gira nel verso opposto rispetto a quello delle spalle. Il profeta tiene il braccio destro appoggiato sul bordo di una sorta di leggio, sotto il quale è incastrato un lembo del suo mantello.
Le sue mani sono impegnate a trattenere i due capi del rotolo di cui sta leggendo i primi versetti.
Se proviamo ad immedesimarci in lui, aprendo il Libro biblico che porta il suo nome e scorrendo i primi versetti - proprio quelli che egli sta leggendo dal suo scranno - potremmo trovare scritto di un'invasione di cavallette, di una vigna devastata, di una nazione potente che sta invadendo Israele, tutti elementi che il profeta interpreta come segni del "giorno del Signore".
È interessante interpretare i colori delle vesti. Il profeta indossa una tunica viola, ad indicare le sue particolari qualità oratorie nel raccomandare la penitenza, e un ampio e panneggiato mantello rosso, a ricordare lo Spirito che ispira la sua predicazione. Il verde del colletto si riferisce invece alla speranza, altro importante tema del libro di Gioele. Ciò che egli annuncia, infatti, non è una sventura irrimediabile; il Signore - dice Gioele - è pronto a benedire il suo popolo e a rinnovare la sua benevolenza. Lo testimonia il fascio di luce che proviene da destra e illumina la figura del profeta, mettendo in risalto i colori della sua veste.
Come gli altri profeti, anche Gioele è accompagnato da due figure che, secondo l'interpretazione iconografica proposta da padre Heinrich Pfeiffer, simboleggiano le facoltà dell'anima. Il fanciullo seminudo raffigurato di profilo sulla destra rappresenta la memoria; egli indica il suo compagno sulla sinistra che, dietro alle spalle del profeta, si volge verso di lui, tenendo aperto davanti a sé un grosso libro, allude alla volontà. Il profeta, infine, incarna l'intelletto.
È importante notare un altro particolare: i capelli di Gioele sono decisamente mossi da un vento che agita anche le sue vesti e, in particolare, il suo mantello, tanto che un lembo finisce sotto il leggio, a destra, come è già stato notato. Si tratta di un'evidente allusione allo Spirito che Dio promette di mandare per la salvezza di chiunque invochi il suo nome, come il profeta afferma all'inizio del capitolo 3 del suo libro: "Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni carne e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie".
Curiosamente è possibile osservare che il viso del profeta è un ritratto di Donato Bramante, architetto della fabbrica di S. Pietro negli anni in cui Michelangelo lavora alla Sistina. Per fare omaggio al suo collega, il nostro artista avrà, forse, voluto riferirsi al fatto che, in ebraico, il nome "Gioele": significa "colui che brama".
Domenico Vescia