È seduto sul suo scranno, ma la sua schiena si protende in avanti. Reclina la testa e dirige lo sguardo verso il basso; sembra addirittura che abbia appena smesso di scuotere il capo, magari dopo aver sospirato, deluso e affranto.
Il suo viso è scavato da profonde rughe.
Con la mano sinistra si copre la bocca e si tocca la barba, ma ha bisogno di sorreggere il braccio, appoggiandolo su un ginocchio. Sembra spossato, a giudicare anche dall’altra mano, che si adagia stanca e senza forza. Ha i capelli spettinati e la barba scomposta e trascurata.
È preoccupato, pensieroso, meditabondo, il profeta Geremia che Michelangelo dipinge, intorno al 1512, sulla volta della Cappella Sistina. Forse è anche addolorato, a giudicare bene la sua espressione.
Anche il suo abbigliamento denota una certa trascuratezza: al di sotto della veste che, nella parte inferiore si presenta di colore viola purpureo e sul busto trascolora dal viola al giallo oro, spunta una sottoveste bianca, che dà l’idea di un indumento ormai consunto, incapace di tenere la forma. Sul versante iconografico il colore della veste richiama l’afflizione, ma anche gli stati d’animo dello smarrimento e dell’attesa.
Gli elementi evidenziati denotano tutti l’afflizione del profeta. Ma perché la figura di Geremia è associata ad emozioni negative come la tristezza, il dolore, lo scoraggiamento? Per rispondere occorre indagare la sua biografia. Egli svolge il ministero profetico, lungo quarant’anni, in uno dei periodi più tragici della storia del popolo di Israele, quando i Babilonesi devastano Gerusalemme, distruggono il Tempio e portano in esilio buona parte della popolazione. Il profeta si interroga e il suo messaggio si fa chiaro: la causa dei mali che affliggono gli israeliti è l’infedeltà nei confronti di Dio, il tradimento dell’alleanza con Lui.
Dio non si stanca di fare alleanza e gli uomini non smettono di tradirla.
Attraverso il profeta, Dio esprime il suo lamento con queste parole molto forti: “Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro il nulla, diventando loro stessi nullità?” (Ger 2,5). Ecco perché Geremia si affligge: quale salvezza può esserci per gli israeliti se continuano a stare lontani da Dio?
Alle sue spalle, come per tutti gli altri profeti rappresentati da Michelangelo sulla Volta, si trovano due figure, entrambe femminili.
La prima, sulla sinistra, è coerente con i sentimenti del profeta. Ha il volto scuro e il capo reclinato di lato; la sua espressione denota un profondo dolore. I suoi capelli biondi sono privi di tono e, pur essendo raccolti, sembrano trascurati, tanto che una parte di essi scende davanti alla fronte fin sulla spalla destra. È vestita di una tunica bianca e indossa un mantello tra il verde e l’azzurro chiaro.
Secondo l’interpretazione iconografica di Padre Heinrich Pfeiffer, tale figura rappresenta la Sposa d’Israele: infatti i colori bianco e celeste della sua veste sono quelli propri del popolo eletto.
Ella, inoltre, poggia i suoi piedi su un mantello viola – allusione alla penitenza – che non vorrebbe accettare, come accade spesso per gli israeliti, che si dimostrano restii alla conversione, indisponibili a cambiare la mentalità perché i pensieri degli uomini diventino conformi alla mente di Dio.
L’altra donna, a destra, è rappresentata di profilo e ha lo sguardo rivolto alla prima; sembra quasi stia andando da lei per parlarle e per aiutarla. È una figura positiva, il cui messaggio è veicolato dal colore dei suoi abiti: indossa infatti una tunica con cappuccio di colore rosso, il cui significato è l’amore e porta sulle spalle un mantello verde, ad annunciare la speranza. Per Padre Pfeiffer la sua figura è un richiamo al capitolo 31 del Libro del Profeta Geremia: “Io avrò pietà di te, dice il Signore. Ritorna, vergine d’Israele, ritorna a queste tue città. Fino a quando andrai vagando con le tue voglie, figlia ribelle? Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra: una donna cingerà un uomo”.
Da ultimo, occorre osservare la collocazione della figura di Geremia nel contesto della Volta. Il suo è l’ultimo scranno della parete sinistra, di lato, sopra la zona della Cappella Sistina in cui siede il Papa con i prelati che lo assistono nelle celebrazioni. Il profeta sta guardando proprio coloro che, in virtù del loro sacerdozio, sono chiamati a fare in modo che il popolo rimanga fedele a Dio.
C’è un ultimo aspetto curioso che vale la pena notare: il volto di Geremia ha gli stessi lineamenti di quello di Michelangelo. Evidentemente il nostro artista ha voluto proporre il proprio autoritratto, tanto che ha fatto addirittura indossare al profeta calzari dello stesso tipo di quelli indossati da lui. Probabilmente Michelangelo, consapevole di essere piuttosto burbero e tendente alla collera, si sentiva molto vicino, per temperamento, al personaggio di Geremia.
Domenico Vescia