MADRE E FIGLIO CON IL PROFETA

Nelle Catacombe di Priscilla, la più antica rappresentazione della Natività

MADRE E FIGLIO CON IL PROFETA

La più antica rappresentazione dell'Incarnazione non si accontenta di mostrare il Bambino con Maria, sua Madre; si preoccupa anche di offrire all'osservatore un messaggio teologico che lo aiuti a contemplare il mistero della Natività di Cristo.

Nelle Catacombe di Priscilla

La pittura fu realizzata tra il 230 e il 240 dopo Cristo, come ha stabilito la più recente campagna di restauro, conclusa nel 1992.

Si trova sulla volta di un ambiente delle Catacombe di Priscilla, lungo la via Salaria, a Roma. È certamente un'immagine che si discosta dalle raffigurazioni tradizionali della Natività e che non comprende tutti i personaggi che compariranno nell'iconografia successiva.

Maria è rappresentata seduta, come su un trono, ad indicare la sua altissima dignità di Madre del Signore. È colei che, secondo la profezia di Isaia, ha concepito e partorito un figlio, l'Emmanuele, il Dio con noi. Ha il capo coperto da un velo - detto "palla" - e porta una stola sopra la tunica.

Con la mano destra accarezza il figlio e, con la sinistra, lo sorregge sulle proprie ginocchia. Tiene, infine il busto e il capo reclinati, quasi a proteggere il bambino e, nello stesso tempo, ad offrirlo alla contemplazione dell'osservatore.

Il piccolo Gesù è nudo e in posizione frontale rispetto alla Madre che lo sta allattando; tende verso di Lei il braccio destro e, come richiamato da una voce o forse invitato da Maria stessa, si volge verso l'osservatore.

Una terza figura accompagna la rappresentazione: un profeta che, con il gesto eloquente della mano, indica una stella.

Si tratta di Balaam: è nella posizione cosiddetta "di tre quarti" e con i piedi su due diversi piani, a dare l'impressione che si stia avvicinando alla Madre con il Bambino.

Li sta guardando poiché quello che sta dicendo si riferisce proprio a loro.

Di origine aramea e ammonita, Balaam è una figura suggestiva, che incrocia la vicenda del popolo di Israele in marcia verso la terra promessa, nel deserto. È un mago, assoldato dal re arameo o ammonita, perché, con le sue efficaci maledizioni, fermi il cammino degli israeliti, percepiti come invasori. A contatto con il popolo, tuttavia, egli diviene un profeta e riesce solo a pronunciare benedizioni, tra le quali l'oracolo contenuto nel Libro dei Numeri, al capitolo 24, interpretato nella prospettiva del futuro avvento del Messia: «Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi. Io lo vedo, ma non adesso, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele». (Numeri 24, 15-17)

Con la destra Balaam addita la stella. È il segno del Re - messia che viene annunciato e che giungerà nella pienezza dei tempi. Sarà lui la stella che illuminerà i popoli.

Nella mano sinistra, il profeta tiene uno scettro, l'altro elemento simbolico contenuto nel suo oracolo: è il segno dell’autorità del Salvatore del suo popolo. Il tono solenne di questo riferimento alle profezie contrasta con l'immagine dolce e accorata del bambino che si volge a guardare l'osservatore. È questa la sostanza del mistero natalizio: un Dio che si riveste della nostra carne per rivelare fino a che punto giunge l'amore di Dio.


Domenico Vescia


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