RAFFAELLO E LE STANZE VATICANE: UMANO E DIVINO PER UNA SINTESI VITALE

Un programma iconografico capace di compendiare la ricerca umana

stanze raffaello

Raffaello giunge a Roma da Firenze proprio per quelle stanze.

Arriva in città chiamato da Papa Giulio II, che era rimasto colpito dalle lodi sperticate di Donato Bramante verso il suo concittadino.

L’architetto di fiducia del Papa, incaricato addirittura di progettare la nuova Basilica di San Pietro, aveva decantato il genio del pittore e i risultati a cui era giunto, nonostante la giovanissima età. Bramante non dubita minimamente che il suo pittore possa reggere il confronto con gli altri grandi nomi che avevano già lavorato nel palazzo: Pinturicchio, Pietro Perugino, Luca Signorelli, il Ghirlandaio, Sandro Botticelli. Non teme neppure il grande Michelangelo che sta lavorando a pochi passi, nella Cappella Sistina, impegnato nella realizzazione della stupefacente volta.

Bramante ha la vista lunga, e sa riconoscere il valore di un artista.

Non può sbagliarsi: è Raffaello il pittore che papa Giulio sta cercando perché affreschi il nuovo appartamento pontificio: quattro stanze di studio e di rappresentanza che devono parlare di ciò che è massimamente importante per l’uomo: la verità, la virtù, la bellezza, la presenza e la provvidenza divine, il bene e … il primato del papa, scelto da Dio per guidare la Chiesa e massima autorità sulla terra.

E così il giovane Raffaello si trova al cospetto di Giulio II.

A tramandarci qualcosa della loro trattativa è Giorgio Vasari che, nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, scrive che il Bramante aveva operato con il Papa, il quale aveva fatto fare certe stanze ch’egli potrebbe in quelle mostrar il valor suo.

Una sorta di sfida dunque, a cui il nostro pittore non si sottrae.

Piacque il partito a Raffaello - così scrive Vasari - perché lasciate l’opere di Fiorenza e la tavola dei Dei non finita […]si trasferì a Roma, dove giunto, Raffaello trovò che gran parte delle camere di palazzo erano state dipinte e tuttavia si dipignevano da più maestri. […] Laonde Raffaello, nella sua arrivata avendo ricevute molte carezze da papa Iulio, cominciò nella camera della Segnatura una storia…

Le “carezze” di papa Giulio quindi… È evidente che il nostro pittore riscuote immediatamente le simpatie del papa e gli fa avvertire la possibilità di sviluppare una certa unità di intenti, verso traguardi strategici sempre più alti.

Antonio Forcellino, tra i maggiori studiosi europei di arte rinascimentale, immagina così l’incontro fra il Giulio II e il giovane artista.

Il giovane si presentò con il suo collo lungo, gli occhi neri tondi e protesi fuori nello sguardo avido sul mondo. Persino il suo guardaroba era elegante ben più di quello di un pittore. Eppure si ingentiliva con l’atteggiamento umile di chi non pretende niente più di quanto gli viene regalato e ringrazia felice. Il suo aspetto, insomma, era quello che lui stesso si diede sulle pareti delle stanze. Ed era uno degli elementi di maggior convincimento per il vecchio papa guerriero, che prima di tutto era un fine diplomatico capace, con i suoi occhi incavati, di scrutare nell’anima dei suoi interlocutori. L’eleganza dei modi di Raffaello era l’espressione di quella civiltà urbinate che vedeva nella naturalezza e nell’armonia, nel distacco contenuto, la chiave dell’esistenza moderna. […]

Possiamo immaginare cosa provò il papa quando si vide di fronte quel giovane che aveva dato prova di tanto talento e che si affiancava per contrasto e per grandezza all’altro gigante che calcava le impalcature di legno del Vaticano, Michelangelo Buonarroti. Con Michelangelo Giulio aveva immediatamente capito di trovarsi di fronte a un temperamento indomabile. E dopo averci litigato violentemente, lui che faceva tremare i principi con la spada in mano, lo aveva lasciato fare. […]

I suoi rapporti con il papa e con la corte erano inesistenti. Tutto il contrario del giovane urbinate, arrivato diligentemente da Firenze alla prima chiamata, lasciando immediatamente tutto quanto aveva tra le mani senza finirlo. Era quel che Giulio e la sua corte cercavano, e Raffaello si trovò subito integrato in un viluppo di rapporti sempre più coinvolgenti. Giulio sapeva di poter piegare quel talento al suo progetto e lo sostenne con ogni premura. Raffaello lo ripagò subito ben oltre le aspettative

Dunque Giulio II si convince che è proprio Raffaello l’uomo nuovo di cui ha bisogno per i suoi progetti. È un artista intelligente, aggiornato, con una discreta esperienza alle spalle, certamente capace di inserirsi in una dimensione intellettuale nuova e, soprattutto, di comprendere e attuare un programma iconografico.

Ecco: è proprio questa l’idea centrale per comprendere ciò che il nostro pittore realizza nelle Stanze.

stanze raffaello

I quattro ambienti, le sedici pareti e le quattro volte non sono semplici spazi da riempire, seppure in modo sublime:

sono pagine da aprire perché siano attentamente lette e perché sia compreso ciò che racchiudono;

sono finestre oltre le quali gettare lo sguardo per ricavare stupore;

sono vette verso le quali innalzarsi per contemplare ciò che di più alto possa esistere nella mente e nel cuore dell’uomo;

sono mappe da consultare, per orientarsi all’interno delle pieghe della storia e per trovare una bussola, perché ciò che accade non è frutto del caso, ma disegno provvidenziale.

Forse con un po’ di azzardo potremmo dire che Raffaello e i fini teologi che lo guidano e lo ispirano precorrono gli ideali romantici, grazie alla loro attenzione al senso della storia, alla loro ricerca di senso, alla passione verso tutto ciò che si innalza all’assoluto.

Nascono così le quattro stanze dell’appartamento di Giulio II, divenute famose poi come Stanze Vaticane o, più ancora, come Stanze di Raffaello, certamente il compendio di ciò che per i rinascimentali possa essere detto bellezza: armonia, equilibrio, proporzione, grazia...

Emblematica, a questo proposito, un’affermazione di Leon Battista Alberti che, nel 1450, afferma che “La bellezza è un ordine o un accordo in modo tale che nulla può essere modificato se non in peggio". Definizione sintetica che, tuttavia, racchiude l’idea secondo cui bellezza ed armonia vanno di pari passo, verso la perfezione.

Ecco: ciò che è rappresentato nelle stanze racchiude certamente la tendenza dell’artista a cercare la perfezione delle forme, attraverso la resa prospettica degli spazi, l’attenzione al movimento, la ricerca della suggestione, l’imitazione della natura, l’uso del colore.

Anche l’interesse per il coinvolgimento emotivo dello spettatore non è estraneo alla ricerca della bellezza, dal momento che essa non può essere individuata e coltivata al di fuori della realtà. L’arte rinascimentale non è mito, evasione, fantasia, distacco. È invece immersione nel vero, nel reale, per ritrovarsi capaci di distinguere il bello, il bene e il vero, farlo propri e divenirne parte.

Percorrere le Stanze di Raffaello significa immergersi in tutto ciò.

Ed ecco la Stanza della Segnatura, la prima ad essere affrescata da Raffaello. Destinata alla redazione, alla discussione e alla firma degli atti ufficiale, rappresenta il cuore della funzione pubblica del papa, che non deve mai dimenticare in cosa consiste l’essenza dell’uomo. Egli è fatto per il Vero, il Bello e il Bene. Essi costituiscono ciò che la filosofia chiama i Trascendentali: dicono le aspirazioni più grandi di ogni uomo che voglia rispettare la sostanza di sé ed esplicitano perché la creatura umana sia immagine e somiglianza di Dio, che è somma Verità, somma Bellezza e somma Bontà.

Raffaello rappresenta la Verità rivelata da Dio ne La Disputa del Sacramento e la verità che può essere raggiunta attraverso un uso retto della regione ne La Scuola di Atene. Significativamente le due raffigurazioni sono collocate su due pareti che si fronteggiano, a dire che l’uomo raggiunge il vertice della verità grazie a Dio che la fa conoscere, ma egli è in grado di camminare verso di essa, valorizzando le proprie capacità naturali.

Il Parnaso è il luogo in cui fanno mostra di sé Apollo, attorniato dalle Muse, e i maggiori poeti e letterati. Essi incarnano il bello e l’incessante ricerca di esso lungo la storia dell’uomo.

Di fronte si trova la rappresentazione allegorica delle Virtù cardinali e teologali, condizioni indispensabili per realizzare il Bene.

La seconda Stanza ad essere affrescata è quella detta di Eliodoro, originariamente destinata alle udienze private: sovrani, ambasciatori, delegati apostolici, nunzi e altre personalità di riguardo che si intrattenevano a colloquio con il pontefice. Certo, molto spesso gli affari discussi non erano di natura spirituale e pastorale; data la personalità e gli obiettivi di Giulio II. Passando per quella stanza, sarebbe stato più frequente sentir parlare di alleanze, di confini, di guerre o di strategie. Tuttavia neppure un papa dagli interessi prevalentemente temporali può evitare di pensare al fatto che egli è, in definitiva, servo di Dio. Ecco che il tema iconografico diventa la protezione che Dio sempre riserva alla sua Chiesa. Innanzitutto viene rappresentata la Cacciata di Eliodoro dal tempio, secondo la narrazione biblica contenuta nel Libro dei Maccabei come monito per coloro che vogliono impossessarsi dei beni della Chiesa. Di fronte l’Incontro di Leone Magno con Attila, una sorta di invettiva contro i violenti e contro i nemici del papato. Sulle due pareti minori vengono affrescate La liberazione di San Pietro dal carcere e, di fronte, La Messa di Bolsena. Dio protegge in maniera speciale il successore di Pietro e assicura la sua presenza salvifica soprattutto nell’Eucaristia.

Nella Stanza di Costantino, utilizzata per ricevimenti ufficiali e conclusa dopo la morte di Raffaello, è sviluppato il tema della missione di civiltà del Cristianesimo a partire dalla vittoria di Costantino a Ponte Milvio, segno eloquente della trasformazione di Roma che, da capitale di un impero pagano, diventa sede del successore di Pietro e del Vicario di Cristo.

Ecco sulle pareti La visione di Costantino, La Battaglia di Ponte Milvio, Il Battesimo di Costantino e La donazione di Roma.

Ultima Stanza, progettata da Raffaello, ma realizzata prevalentemente dagli allievi, è quella detta dell’incendio di Borgo, dall’omonimo affresco, il principale, che celebra il miracoloso intervento di Papa Leone IV per scongiurare un rovinoso incendio che rischiava di danneggiare anche l’antica Basilica di San Pietro. Completano gli affreschi parietali La Battaglia di Ostia, L’incoronazione di Carlo Magno e Il giuramento di Leone III.

Percorrere le Stanze di Raffaello significa immergersi nel senso profondo, ma intellegibile della realtà. Tutto in essa assume un significato, anche ciò che di primo acchito – e certamente in modo riduttivo – diremmo frutto degli eventi o della semplice ricerca umana.

Tutto ha un senso nella prospettiva trascendentale, perché tutto è orientato al Vero, al Bello e al Bene.

Domenico Vescia

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