CAPITOLO 7

IL DESIDERIO NON CONOSCE EGOCENTRISMO

chiesa parrocchiale trezzo 1911

Questa volta la lettura del capitolo sarà proposta dopo la riflessione.

Ciò che viene narrato al Capitolo VII infatti stimola una riflessione che si pone in sostanziale continuità con quella suscitata dalla lettura del Capitolo VI.

In apertura di narrazione, la voce di Geppetto richiama Pinocchio dal sonno e subito lo mette in contatto con un altro suo bisogno impellente: il burattino non può più camminare, dal momento che i suoi piedi sono stati mangiati dal gatto, come ingenuamente crede in un primo momento, o brucianti dalla brace del caldano, come è realmente accaduto.

Geppetto, che ha imparato a conoscere il temperamento di quel “figliolo”, crede si sia trattata di un’altra sua monelleria, ma quando vede il burattino malridotto e senza piedi si intenerisce: lo bacia e lo colma di mille carezze e mille moine e, con le lacrime agli occhi, si fa raccontare l’accaduto.

Il racconto concitato e scomposto del burattino non fa altro che dar voce al bisogno impellente che, nel corso della notte precedente, non era riuscito a soddisfare.

Subito Geppetto pone rimedio alla fame di Pinocchio: ha con sé tre pere che, in carcere, gli erano state consegnate per la sua colazione e se ne priva per darle a quel suo figliolo.

Fa sorridere la richiesta del burattino: quelle pere devono essere sbucciate. Geppetto è sorpreso per la schizzinosità di Pinocchio, ma egli risponde che non mangerà mai frutta che non sia sbucciata, dal momento che non può soffrire le bucce.

Ma - verrebbe da dire - Pinocchio ha una fame reale e solo apparente? Il nostro burattino dal palato fine mangerà non solo le bucce, ma anche i torsoli, dopo aver storto la bocca.

Geppetto desidera il bene di quel burattino che, all’inizio della storia, aveva definito il suo “figliolo” e si preoccupa che abbia di che nutrirsi, che disponga di piedi nuovi, che cresca onestamente, come un bravo ragazzo … che sia felice.

E agisce avendo di mira ciò che nel suo profondo desidera: si concentra totalmente su Pinocchio e si toglie addirittura il pane di bocca, pur di aiutarlo.

Pinocchio, al contrario, è ancora concentrato su di sé, totalmente soggiogato dal suo bisogno. Le sue azioni sono frutto dell’istinto e del suo egocentrismo.

In lui non è nato alcun desiderio e quindi le sue azioni non hanno di mira il proprio bene.

Non sa compiere azioni autentiche, mirate, benefiche per sé e per gli altri.

Non ha ancora sperimentato ciò che afferma sapientemente il pedagogista Giuseppe Bertagna: «Ogni azione umana nasce dal desiderio e racconta il desiderio dell’uomo, il suo essere preceduto dal bene e la presa di possesso di tale bene; mostra le sue intenzioni, le sue ragioni, la direzione che egli vuol dare alla propria esistenza e il fine che vuole raggiungere». (Giuseppe Bertagna, Dall’educazione alla pedagogia, La Scuola, Brescia 2010, p. 261).

Ecco la narrazione del Capitolo VII che rende evidente quanto sopra considerato:

pinocchio

Geppetto torna a casa, e dà al burattino la colazione
che il pover’uomo aveva portata per sé.


Il povero Pinocchio, che aveva sempre gli occhi fra il sonno, non s’era ancora avvisto dei piedi che gli si erano tutti bruciati: per cui appena sentì la voce di suo padre, schizzò giù dallo sgabello per correre a tirare il paletto; ma invece, dopo due o tre traballoni, cadde di picchio tutto lungo disteso sul pavimento.

E nel battere in terra fece lo stesso rumore, che avrebbe fatto un sacco di mestoli, cascato da un quinto piano.

— Aprimi! — intanto gridava Geppetto dalla strada.

— Babbo mio, non posso — rispondeva il burattino piangendo e ruzzolandosi per terra.

— Perché non puoi?

— Perché mi hanno mangiato i piedi.

— E chi te li ha mangiati?

— Il gatto — disse Pinocchio, vedendo il gatto che colle zampine davanti si divertiva a far ballare alcuni trucioli di legno.

— Aprimi, ti dico! — ripeté Geppetto — se no, quando vengo in casa, il gatto te lo do io!

— Non posso star ritto, credetelo. Oh! povero me! povero me, che mi toccherà a camminare coi ginocchi per tutta la vita!...

Geppetto, credendo che tutti questi piagnistei fossero un’altra monelleria del burattino, pensò bene di farla finita, e arrampicatosi su per il muro, entrò in casa dalla finestra.

Da principio voleva dire e voleva fare; ma poi, quando vide il suo Pinocchio sdraiato in terra e rimasto senza piedi davvero, allora sentì intenerirsi; e presolo subito in collo, si dètte a baciarlo e a fargli mille carezze e mille moine, e, coi luccioloni che gli cascavano giù per le gote, gli disse singhiozzando:

— Pinocchiuccio mio! Com’è che ti sei bruciato i piedi?

— Non lo so, babbo, ma credetelo che è stata una nottata d’inferno e me ne ricorderò fin che campo. Tonava, balenava e io avevo una gran fame, e allora il Grillo-parlante mi disse: «Ti sta bene: sei stato cattivo, e te lo meriti» e io gli dissi: «Bada, Grillo!...» e lui mi disse: «Tu sei un burattino e hai la testa di legno» e io gli tirai un manico di martello, e lui morì, ma la colpa fu sua, perché io non volevo ammazzarlo, prova ne sia che messi un tegamino sulla brace accesa del caldano, ma il pulcino scappò fuori e disse: «Arrivedella... e tanti saluti a casa.» E la fame cresceva sempre, motivo per cui quel vecchino col berretto da notte, affacciandosi alla finestra mi disse: «Fatti sotto e para il cappello» e io con quella catinellata d’acqua sul capo, perché il chiedere un po’ di pane non è vergogna, non è vero? me ne tornai subito a casa, e perché avevo sempre una gran fame, messi i piedi sul caldano per rasciugarmi, e voi siete tornato, e me li sono trovati bruciati, e intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più! ih!... ih!... ih!... ih!...

E il povero Pinocchio cominciò a piangere e a berciare così forte, che lo sentivano da cinque chilometri lontano.

Geppetto, che di tutto quel discorso arruffato aveva capito una sola cosa, cioè che il burattino sentiva morirsi dalla gran fame, tirò fuori di tasca tre pere, e porgendogliele, disse:

— Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia.

— Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle.

— Sbucciarle? — replicò Geppetto meravigliato. — Non avrei mai creduto, ragazzo mio, che tu fossi così boccuccia e così schizzinoso di palato. Male! In questo mondo, fin da bambini, bisogna avvezzarsi abboccati e a saper mangiar di tutto, perché non si sa mai quel che ci può capitare. I casi son tanti!...

— Voi direte bene — soggiunse Pinocchio — ma io non mangerò mai una frutta, che non sia sbucciata. Le bucce non le posso soffrire.

E quel buon uomo di Geppetto, cavato fuori un coltellino, e armatosi di santa pazienza, sbucciò le tre pere, e pose tutte le bucce sopra un angolo della tavola.

Quando Pinocchio in due bocconi ebbe mangiata la prima pera, fece l’atto di buttar via il torsolo: ma Geppetto gli trattenne il braccio, dicendogli:

— Non lo buttar via: tutto in questo mondo può far comodo.

— Ma io il torsolo non lo mangio davvero!... — gridò il burattino, rivoltandosi come una vipera.

— Chi lo sa! I casi son tanti!... — ripeté Geppetto, senza riscaldarsi.

Fatto sta che i tre torsoli, invece di esser gettati fuori dalla finestra, vennero posati sull’angolo della tavola in compagnia delle bucce.

Mangiate o, per dir meglio, divorate le tre pere, Pinocchio fece un lunghissimo sbadiglio e disse piagnucolando:

— Ho dell’altra fame!

— Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.

— Proprio nulla, nulla?

— Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.

— Pazienza! — disse Pinocchio, — se non c’è altro, mangerò una buccia.

E cominciò a masticare. Da principio storse un po’ la bocca: ma poi una dietro l’altra, spolverò in un soffio tutte le bucce: e dopo le bucce anche i torsoli, e quand’ebbe finito di mangiare ogni cosa, si batté tutto contento le mani sul corpo, e disse gongolando:

— Ora sì che sto bene!

— Vedi dunque — osservò Geppetto — che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna avvezzarsi né troppo sofistici né troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo mondo. I casi son tanti!!...