Gli assassini inseguono Pinocchio; e dopo averlo raggiunto, lo impiccano a un
ramo della Quercia grande.
[… Pinocchio] sentì afferrarsi per il collo, e le solite due vociacce che gli brontolarono minacciosamente:
— Ora non ci scappi più!
Il burattino, vedendosi balenare la morte dinanzi agli occhi, fu preso da un tremito così forte, che nel tremare, gli sonavano le giunture delle sue gambe di legno e i quattro zecchini che teneva nascosti sotto la lingua.
— Dunque? — gli domandarono gli assassini — vuoi aprirla la bocca, sì o no? Ah! non rispondi?... Lascia fare: ché questa volta te la faremo aprir noi!...
E cavati fuori due coltellacci lunghi lunghi e affilati come rasoi, zaff e zaff..., gli affibbiarono due colpi nel mezzo alle reni.
Ma il burattino per sua fortuna era fatto d’un legno durissimo, motivo per cui le lame, spezzandosi, andarono in mille schegge e gli assassini rimasero col manico dei coltelli in mano, a guardarsi in faccia.
— Ho capito — disse allora un di loro — bisogna impiccarlo! Impicchiamolo!
— Impicchiamolo! — ripeté l’altro.
Detto fatto, gli legarono le mani dietro le spalle, e, passatogli un nodo scorsoio intorno alla gola, lo attaccarono penzoloni al ramo di una grossa pianta detta la Quercia grande.
Poi si posero là, seduti sull’erba, aspettando che il burattino facesse l’ultimo sgambetto: ma il burattino, dopo tre ore, aveva sempre gli occhi aperti, la bocca chiusa e sgambettava più che mai.
Annoiati finalmente di aspettare, si voltarono a Pinocchio e gli dissero sghignazzando:
— Addio a domani. Quando domani torneremo qui, si spera che ci farai la garbatezza di farti trovare bell’e morto e con la bocca spalancata.
E se ne andarono. Intanto s’era levato un vento impetuoso di tramontana, che soffiando e mugghiando con rabbia, sbatacchiava in qua e in là il povero impiccato, facendolo dondolare violentemente come il battaglio d’una campana che suona a festa. E quel dondolìo gli cagionava acutissimi spasimi, e il nodo scorsoio, stringendosi sempre più alla gola, gli toglieva il respiro.
A poco a poco gli occhi gli si appannarono; e sebbene sentisse avvicinarsi la morte, pure sperava sempre che da un momento all’altro sarebbe capitata qualche anima pietosa a dargli aiuto. Ma quando, aspetta aspetta, vide che non compariva nessuno, proprio nessuno, allora gli tornò in mente il suo povero babbo... e balbettò quasi moribondo:
— Oh babbo mio! se tu fossi qui!...
E non ebbe fiato per dir altro. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito.
Brutta faccenda quei due colpi di coltellaccio nel mezzo alle reni, sferrati dai due assassini per costringere Pinocchio ad aprire la bocca e lasciar cadere i quattro zecchini che tiene sotto la lingua. Per fortuna il legno di cui è fatto il burattino è durissimo, tale da risultare impenetrabile e da scheggiare persino la lama del coltello.
Di fronte al fallimento di questo tentativo, i due malviventi decidono per una soluzione drastica: impiccare Pinocchio per fare in modo che egli, sentendosi stringere la gola e temendo di restare soffocato, si trovi costretto ad aprire la bocca nel disperato tentativo di respirare. Ma qui si apre un’obiezione: dopo aver constatato che il legno di cui è fatto il corpo del burattino è impenetrabile ad una lama, come possono i due assassini sperare che lo stesso legno possa subire la pressione di una corda?
Contrariamente alla logica, essi si mostrano convinti che la loro azione sortirà effetto: nessun dubbio li assale, neppure quando si siedono ad aspettare. Sono convinti che sia solo una questione di tempo: il burattino si mostra duro e morire, ma l’indomani si sarebbe fatto trovare certamente esanime, con la bocca spalancata e libera ormai dagli zecchini.
Quale significato racchiude l’assurdità di questa situazione?
Certamente all’autore interessa mostrare un Pinocchio che ha ormai la corda al collo, nel senso che si trova in una situazione grave ed estremamente pericolosa. È arrivata la fine della sua vicenda, a causa di una situazione in cui egli stesso si è trovato.
È solo, dal momento che ha scelto di allontanarsi dalla casa paterna e di svincolarsi dalla presenza e dagli insegnamenti di Geppetto.
È in balia del vento, proprio come aveva voluto essere alla mercé dei suoi capricci del momento e si era lasciato trascinare da personaggi nei confronti dei quali era stato imprudente.
È in preda agli spasimi e sente che la vita lo sta abbandonando.
Ma coltiva una speranza: che un’anima pietosa gli dia un aiuto.
Ecco il punto: si rende conto – ancora una volta – che ha bisogno di una persona che si accorga di lui, gli si faccia accanto, si prenda cura e lo soccorra.
Il nostro Pinocchio è un povero malcapitato, come quello di cui parla la stupenda parabola evangelica del Buon Samaritano.
Quello incappa nei briganti, Pinocchio negli assassini; il primo è ridotto mezzo morto dalle bastonate che riceve, il secondo sente che la vita gli sfugge a causa della corda che gli stringe il collo; il personaggio evangelico assiste al passaggio indifferente del sacerdote e del levita, ma anche a quello premuroso del samaritano, il protagonista del romanzo collodiano aspetta che qualcuno passi, ma purtroppo nessuno gli si fa vicino.
Il nostro povero burattino non trova un buon samaritano: ecco il suo dramma.
Ogni sua speranza rimane delusa e la sua attesa non ha compimento: aspetta, aspetta – come afferma il testo - ma nessuno compare. Solo allora si ricorda del suo babbo. E ne sente una profonda nostalgia.
Di grande intensità emotive è quell’espressione: “Oh babbo mio! Se tu fossi qui!”. È l’espressione del senso di abbandono più cupo.
In queste parole non si può non sentire riecheggiare l’invocazione di Cristo crocifisso al Padre; così come non è possibile non vedere nell’atmosfere fredda, ventosa e desolata in cui il burattino penzola le tenebre della Croce e in quelle gambe stirate e in quello scossone l’alto grido che precede la morte di Gesù.
Come mai l’ateo – o apparentemente ateo - Collodi ha richiamato così nitidamente il testo evangelico? Forse perché anche per un non credente guardando al Crocifisso ogni uomo può dar voce al suo desiderio di essere salvato da chi è disposto a dare la vita.