L’ULTIMA CENA … SECONDO GIOTTO

Ultima cena giotto cappella degli scrovegni

Giotto, Ultima Cena, 1303 - 1305 circa, 200 x 185 cm, Padova, Cappella degli Scrovegni

Ultima cena giotto cappella degli scrovegni

Il fedele entra nella “grande sala al piano superiore” di cui parla l’evangelista Marco e può osservare ciò che accade la sera di quel “primo giorno degli azzimi”, quando Cristo “mangia la Pasqua con i suoi discepoli” e vive la sua Ultima Cena, quella durante la quale istituisce l’Eucaristia.

Con grande abilità, Giotto fa in modo che l’osservatore possa assumere un ruolo in media res: non prende parte alla scena, ma la osserva “da dentro”, come se si trovi in quella sala, vedendo tutti, ma senza che nessuno possa vedere lui.

Questo il motivo per cui il pittore ambienta la scena in una sala formata solo da due pareti, una sorta di quinta architettonica per delimitare la scena nella quale si sta svolgendo un dramma.

Sulla parete di fondo si aprono due ampie finestre che consentono di spingere lo sguardo verso l’esterno in modo che l’osservatore si renda conto che l’episodio narrato pittoricamente avviene al calar della sera. La finestra di sinistra si presenta con un’impannata completamente spalancata verso l’interno; quella di destra vede aprirsi una parte di quella che sembra un’unica impannata. Altre due finestre sono poste sulla parete a destra, profondamente scorciata, in modo da conferire profondità all’ambiente.

A dire la dignità del luogo sono le decorazioni architettoniche che coronano la stanza a partire dal tetto: verso l’interno pendono elementi polilobati che racchiudono mosaici cosmateschi e, al di sopra, ornamenti marmorei, tra i quali si trovano due sculture che rappresentano uccelli.

Pur avendo il nome di Ultima Cena, la scena rappresentata non riguarda l’istituzione dell’Eucaristia, ma il momento drammatico in cui Gesù annuncia che uno degli apostoli lo tradirà. “Gesù si commosse profondamente – afferma il Vangelo di Giovanni al capitolo 13, ai versetti tra il 21 e il 26 - e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse”.

Ultima cena giotto cappella degli scrovegni

Ciò che Giotto rappresenta è l’effetto dirompente che questo annuncio scatena. Sui volti degli apostoli si dipinge una sorta di stupore pensoso: essi si interrogano innanzitutto dentro di sé, alla ricerca del senso di quel drammatico annuncio; poi si guardano vicendevolmente e scambiano qualche sommessa parola.

È interessante passare in rassegna i volti degli apostoli disposti lungo la parete di fondo e di quelli posti accanto a Gesù, per avere la percezione dell’abilità del pittore nel rappresentare i sentimenti, i moti dell’animo, le inquietudini interiori.

Il primo a destra volge lo sguardo spaventato verso Cristo e quello che gli è accanto, pur volgendosi verso di lui, sta guardando nel vuoto, immobilizzato da quell’annuncio, come testimoniano anche le sue mani aderenti alla tavola.

Le due figure collocate al centro stanno sommessamente parlando tra loro, interrogandosi a vicenda, nel tentativo di comprendere come sia possibile che qualcuno di loro possa tradire il Maestro. Quello con il manto azzurro sopra la tunica rossa è, probabilmente, Giacomo il Minore, cugino di Gesù, con il quale Giotto ha voluto evidenziare la somiglianza.

Anche gli apostoli rappresentati di spalle mostrano le loro emozioni: dai due più a destra, che si guardano vicendevolmente, a quello posto al centro che si volge decisamente verso Cristo, non solo con il capo, ma con l’intera persona, a quello che gli è accanto, il cui sbigottimento traspare dal fatto che non muove neppure il capo, quasi rimanga impietrito.

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Fondamentale è soffermarsi sulle figure più vicine a Gesù. In fondo, a sinistra, è raffigurato frontalmente Pietro, con gli attributi iconografici tradizionali che identificano la sua persona: il giro di barba che incornicia il volto e il mantello arancione. Sta fissando Gesù con sguardo sbigottito e, nello stesso tempo, addolorato.

Ha appena terminato di parlare con Giovanni, come attesta l’omonimo Vangelo: “Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di', chi è colui a cui si riferisce?». Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?»”.

Giovanni è rappresentato proprio nel momento in cui sta appoggiando il capo sul cuore del Maestro per consolarlo. È lui ad ottenere la risposta, accompagnata dall’eloquente gesto della mano: Rispose allora Gesù: «È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». Alla destra di Gesù si trova un apostolo – forse Andrea – che guarda fisso davanti a lui, intento ad interrogarsi, nel tentativo di comprendere. Egli si trova proprio accanto al traditore, Giuda, raffigurato di spalle, con indosso un mantello giallo che lo impone alla vista dell’osservatore e che, secondo il simbolismo dei colori, rappresenta il tradimento. Con la mano destra sta prendendo il boccone che Cristo gli sta porgendo, svelando appieno le intenzioni del suo cuore.

Un particolare interessante è costituito dalle aureole che contornano il capo degli apostoli. Attualmente si presentano come cerchi neri a causa di un processo chimico di ossidazione avvenuto nel tempo, ma originariamente erano completamente dorate, ad eccezione di quella di Cristo che presentava – come ancora oggi – una croce stilizzata in rosso. Dall’aureola degli apostoli si diramavano raggi dorati, tranne che da quella di Giuda che, così, veniva distinto. Vale la pena osservare che le aureole degli apostoli ritratti di spalle sembrano fluttuare davanti ai volti, particolare inevitabile per il pittore che non poteva interrompere la rappresentazione delle figure. Lo stesso vale per l’esile colonnina che sembra attraversare l’apostolo raffigurato di spalle, a destra.

Di particolare impatto sono i colori delle vesti, più vivaci per quelle indossate dagli apostoli di spalle e in piena luce, più soffuse per quelle portate dalle figure frontali. E così la tavola attorniata dai commensali diventa il punto di maggior luminosità dell’intera rappresentazione.

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Nel contesto dell’impianto iconografico della Cappella degli Scrovegni, l’affresco dell’Ultima Cena è collocato sotto il riquadro che rappresenta la Natività di Cristo, a sottolineare l’intimo legame tra il Figlio di Dio che viene nel mondo, assumendo la nostra carne e il dono della sua stessa Carne che egli fa nel Sacramento dell’Eucaristia.



Domenico Vescia